Internet, il Black Monday dell’editoria
È un dato di fatto che il settore editoriale stia attraversando una profonda crisi, un terremoto iniziato in seguito alla depressione economica ed al crollo drastico (-5,1% nel 2009) del Pil italiano – ma non causato esclusivamente dal peso della recessione. Bisogna infatti tenere conto di un fattore decisivo che sta modificando le abitudini dei lettori. Non soltanto i libri, anche riviste e quotidiani d’informazione stanno incanalando la propria diffusione sul mezzo prioritario di comunicazione di massa: la Rete. Con l’ascesa rapida dei dispositivi portatili e la complicità dei social network (i quali hanno surclassato di gran lunga i più affollati forum di discussione), milioni di persone prediligono tenersi informate e leggere attraverso lo schermo telefonico da 5,5 fino a 7 pollici – si stima che entro dicembre giungeranno a 175 milioni le unità di smartphone venduti, superando gli acquisti di tablet e computer. Non a caso, i colossi della tecnologia mobile – Apple e Samsung in testa – si danno battaglia per conquistare la guida del mercato. Schermi ampi, processori ultraveloci, fotocamere da fare invidia alla Canon, alti livelli di interazione e – l’indispensabile – rete internet a banda larga.
I lettori dell’èra digitale seguono la rassegna stampa ancora prima di sollevarsi dal letto, di recarsi in edicola o accendere la tv. C’è Google in diretta dal globo – ed è qui che la faccenda si fa insidiosa. Per la diffusione dei contenuti diversificati, il livello di concorrenza è altissimo. Ciò – in teoria – dovrebbe generare un’offerta tesa verso approfondimenti, analisi, notizie e testi narrativi di valore crescente. Sarebbe ragionevole aspettarsi in Rete un panorama del genere, una sorta di edicola e libreria sterminata per selezionare letture in base ai propri gusti.
Sappiamo per esperienza diretta come spesso il buon senso si possa tramutare in chimera – è di dominio pubblico. Difficile da intuire per gli spettatori. Eppure, dietro le quinte il trucco c’è.
Le discusse – e sofisticate – tecniche di posizionamento dei siti sui motori di ricerca, in gergo Search engine optimization (SEO) sono sfociate, sin dai primi anni Duemila, nell’implosione di un sistema nevralgico. In breve, l’insieme dei parametri informatici di cui bisogna tener conto affinché un sito venga rilevato dal motore ha innescato una spietata guerra di posizionamento: in palio, il primo posto su Google. Si arriva perfino a sconfinare nel torbido – tecniche illegali, non consentite dai motori poiché causano la falsificazione dei risultati delle ricerche. Ad esempio, la trovata “geniale” che sedicenti esperti SEO (indicati come Black hat, cappello nero) avevano escogitato lustri fa per dirottare traffico sui siti dei loro clienti: si chiamavano “doorway”, pagine di accesso invisibili ai navigatori. Clamoroso il caso del sito ufficiale della BMW, nel 2006. Una mole immensa di pagine zeppe di collegamenti ipertestuali e raffiche di parole chiave senza alcun nesso. Si trattava di un’esca per aumentare l’importanza assegnata dal motore – e di conseguenza, il valore della quotazione a Mountain View. Bannati dagli indici di Google (il sito della BMW Germania fu riammesso, dopo il mea culpa dell’azienda) come titoli spazzatura della finanza – i junk bond degli agenti di Borsa Ivan Boesky e Michael Milken sono scheletri nell’armadio di Wall Street.
I principali fautori degli scandali finanziari statunitensi, dopo la bancarotta degli anni Ottanta sono tornati alla ribalta, in cima al jet set internazionale, fra crociere oceaniche e vacanze nei paesaggi andini. Al giorno d’oggi, le tecniche di generazione automatica dei contenuti – assieme all’usanza di saturare di parole chiave (keyword stuffing) pagine senza alcuna correlazione, l’automatizzazione dello spam e la compravendita di collegamenti ipertestuali (reciprocal link trading), così come il trucco di mostrare al motore un contenuto differente da quello reale (IP cloaking) – sono ancora in voga. Addirittura, approfittando della crisi occupazionale all’interno delle redazioni italiane, rampanti agenzie SEO reclutano personale per la scrittura di testi basati sul presunto valore (l’algoritmo variabile di Google è segreto, nonostante il ministro della giustizia tedesco, Heiko Maas, voglia renderlo pubblico) attribuito alle parole chiave ed incrementare il PageRank. “Cercasi giornalisti”, recitano annunci di società informatiche specializzate nel posizionamento: invece, è il Black Monday.
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