Arrival: superare i limiti della memoria umana
Atmosfere cupe, interrogativi sul concetto di tempo. La riflessione sul senso della memoria umana. Una narrazione circolare, proprio come i logogrammi con cui comunicano in forma grafica gli eptapodi – provenienti dai recessi dimensionali al di fuori dello spazio siderale, così denominati perché muniti di sette arti inferiori. Esseri improvvisamente apparsi a bordo delle dodici gigantesche astronavi oblunghe e silenziose, sospese sul suolo in vari luoghi della Terra. Dagli Stati Uniti d’America alla Federazione Russa, dalla Repubblica Popolare Cinese al Pakistan, in Sudan e Sierra Leone, l’isteria si è immediatamente diffusa fra la popolazione. Un tangibile pericolo ha spinto i governi a dichiarare lo stato d’emergenza con la conseguente mobilitazione delle truppe. Louise Banks (Amy Adams), insegnante e luminare della linguistica, è incaricata dal colonnello Weber (Forest Whitaker) di coadiuvare un gruppo di esperti nella ricerca di una chiave interpretativa per la comprensione dell’oscuro linguaggio extraterrestre. Suoni aspri, complessi e profondi – quasi subacquei – emessi da creature tentacolari che rievocano, in apparenza, le temibili mitologie lovecraftiane dei culti di Cthulhu.
Assieme al fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner), Louise studia un tentativo di comunicazione coi nuovi arrivati, nel mentre le verticali e surreali cosmonavi (chiamate “gusci”) restano immobili. Cosa vogliono, da dove vengono, perché sono qui? Il primo contatto avviene nello scenario di una sperduta e nebbiosa località del Montana, sottolineato con potenti musiche del compositore islandese Jóhann Jóhannsson. Calma, meticolosità e prudenza degli studiosi contrastano visibilmente con le ondate di violenza, il crollo dei mercati finanziari, i deliri mistici, il terrore di una contaminazione biologica e le insurrezioni esplose in ogni angolo del globo a causa della probabile minaccia di una “crisi aliena”. Il rischio imminente di una reazione sproporzionata che può trascinare il mondo in un’assurda guerra. Lo spettatore, ad ogni modo, non viene mai trasportato al di fuori del sito statunitense in cui si svolge il dialogo con gli immensi eptapodi, sempre avvolti nei vapori lattiginosi del proprio etere. Separati da una barriera fisica, uno schermo trasparente che permette di avvicinarsi gli uni agli altri ricreando le differenti atmosfere, lo straordinario diviene reale davanti agli occhi di Louise: gli alieni iniziano ad esprimersi in un modo a prima vista bizzarro. Svincolata dal tempo e non lineare, l’ortografia aliena è il più complesso degli enigmi che l’équipe di studiosi si trova ad affrontare.
Basato sul racconto ‘Storia della tua vita’, di Ted Chiang, l’ottavo lungometraggio del canadese Dennis Villeneuve – presentato alla 73a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia – pone quesiti morali di non facile risposta. A partire da basi teoriche con un fondamento scientifico si estende fino alla fantascienza, valicando i limiti della realtà materiale con esiti probabilistici credibili all’interno dello schermo cinematografico. L’ipotesi della relatività linguistica (o “ipotesi di Sapir-Whorf) che riconduce lo sviluppo cognitivo alla specifica lingua parlata è utilizzata per rendere plausibile il successivo sviluppo della trama: tensione sempre in bilico fra il precipitare degli eventi e un esito eccezionale che stupisca più della stessa situazione presentata. Un percorso di scelte sul filo della lama, da cui dipende l’evoluzione temporale che potrebbe modificare il futuro dei singoli, dell’intero genere umano e perfino la sorte della civiltà aliena.
Arrival (Original Motion Picture Soundtrack)
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