Zone 414: Andrew Baird annulla il confine etico tra essere umano e robot
Il primo elemento che balza agli occhi di questo giallo fantascientifico sono le atmosfere nebbiose e disseminate di luci al neon, una scelta cromatica chiaramente ispirata alla celeberrima pellicola di Ridley Scott, Blade Runner. Opera prima del regista Andrew Baird, il lungometraggio indipendente Zone 414 è stato realizzato con risorse limitate a paragone con altri film dello stesso genere. Per farsi un’idea, il budget destinato a Blade Runner 2049 – diretto da Denis Villeneuve – ammontava complessivamente a 150 milioni di dollari, contro i 5 milioni del film d’esordio di Baird. Nonostante ciò, l’impatto visivo e scenografico non risente a livello suggestivo dei limiti economici. Piuttosto, le ambientazioni rarefatte, piovose, assieme gli scenari periferici desolati all’interno della Zona 414 – un’area circoscritta da varchi presidiati, ov’è consentita la totale interazione tra esseri umani e androidi – rappresentano la componente più accattivante del film. La narrativa è edificata seguendo un ritmo lento, non incalzante, né d’intenso impatto emotivo. Dal punto di vista della suspense, va rilevato che essa è pressoché assente. Simili connotazioni potrebbero annoiare o deludere lo spettatore abituato all’alta tensione ed al susseguirsi dei colpi di scena – i quali da tempo contraddistinguono un thriller. Tuttavia, non è detto che il gradimento complessivo del film sia decretato esclusivamente da tali parametri.
La sceneggiatura di Bryan Edward Hill esplora un mondo futuristico in cui l’eccentrico magnate dell’high-tech, Marlon Veidt, è ormai assurto al ruolo di uno pseudo monarca. Regnante incontrastato dellʼimpero di androidi dotati di intelligenza artificiale, l’industriale – in seguito all’improvvisa scomparsa della figlia – si trova di fronte ad una scelta controversa: mettere a rischio il privilegio di sfruttare la deregolamentata Zona 414 con un’inchiesta sulle sorti di Melissa (Holly Demaine). Oppure, preservare il vantaggioso accordo di “non interferenza” raggiunto col governo.
Zone 414 evidenzia contraddizioni etiche e sfide morali in cui si trova immersa la società alle prese con il progresso tecnologico. Precisamente, il debutto cinematografico di Andrew Baird sembra essere particolarmente orientato sulle dinamiche più perverse innescate dall’interazione fra essere umano e androide. Uno scenario crudo. Nella zona “sommersa” tutto sembra essere consentito – concetto non nuovo, basti pensare alla ottima serie Sci-Fi Westworld, creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy. Il primario scopo al quale vengono destinati gli androidi, appositamente plasmati con sembianze femminili ed attraenti, è il medesimo proposto ripetute volte dal piccolo e grande schermo. Ne sono ulteriori testimonianze anche la serie britannica Humans, di Sam Vincent e Jonathan Brackley, assieme alla produzione russa Meglio di Noi, di Andrey Junkovsky, Aleksandr Dagan ed Aleksandr Kessel. L’industria dell’intrattenimento per adulti che si fonde allo sviluppo dell’intelligenza artificiale, tecnologia pervasa dalle maggiori implicazioni sociali e culturali, rappresenta una delle incoerenze tuttora mai superate. Ossia, l’uomo realizza un simulacro di se stesso per poi destinarlo a subire violazioni fisiche ed etiche criminose di cui egli si rende protagonista. Perchè? Nessuno ha ancora spiegato in maniera esaustiva le motivazioni che condurrebbero ad una simile realtà distopica, dando per scontato tutto ciò come un’ovvia conseguenza della “solita” logica del profitto.
La connotazione dissoluta ed inquietante di Zone 414 è la disinvoltura con cui si confondono, fino quasi a scomparire, le distinzioni fra donna in carne ed ossa e ginoide – definizione odierna del robot umanoide femminile. Tale compenetrazione avviene a doppio senso. Da un lato il “tecnologico fiocco di neve, bello ed unico”: Jane, dotata di empatia ed ambizione di essere umana. Allʼopposto, Melissa Veidt, ossessionata dall’idea di poter diventare come Jane. Il fulcro attorno al quale ruota l’intera vicenda è proprio la distorta rappresentazione di questa convergenza. L’esteriorità indistinguibile dall’essere umano di una I.A., unita allʼillusione comune, a quali estreme conseguenze può portare? L’investigatore privato David Carmichael (Guy Pearce) si occuperà di condurre l’indagine, immergendosi a proprio rischio nella zona dov’è stato annullato ogni confine.
Anno: 2021 Durata: 98’ Genere: Fantascienza, Thriller. Regia: Andrew Baird. Con: Guy Pearce nel ruolo di David Carmichael; Matilda Anna Ingrid Lutz (Jane); Jonathan Aris (Joseph Veidt) e Travis Fimmel (Marlon Veidt). Produzione: (Regno Unito, USA) Saban Films, Highland Film Group (HFG), El Ride Productions.
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