Mitopoiesi americolatina della Coppa Italia
Il rapido approssimarsi della finale Fiorentina-Napoli ci dà occasione per alcune riflessioni sul secondo più importante torneo del calcio italiano. Una fra le più usate frasi fatte – imperante nelle comuni rêverie – è che la Coppa Italia sia una manifestazione ‘non sentita’ dai club. Se consideriamo tutte le squadre scudettate dal 1898, la percentuale di queste anche vincitrici della Coppa Italia1 è pari all’89,4; invece, se dal 1898 facciamo un salto in avanti di ben settant’anni – ponendo quale cesura la prima grande vittoria della Nazionale all’indomani del secondo dopoguerra (Campionati europei 1968) – la percentuale sale addirittura al 91,5. Inoltre, fissando l’ulteriore metro di paragone al Napoli di Maradona (89-90, ossia il recente quarto di secolo), i valori restano alti con l’84,6%. Per smantellare il suddetto luogo comune sarebbe bastato citare la Juventus, società col maggior numero di titoli sia in Campionato (29/111; 26,1%) che in Coppa (assieme alla Roma: 9/66, 13,6%). A meno che, per ‘dar tono’ alla Coppa Italia, non ci si fosse aspettato 17 e non ‘soltanto’ 9 vittorie da parte dei bianconeri, tanto per mantenere la percentuale, fingendo che gli altri non esistessero. Cosa alquanto difficile poiché – contrariamente al principio del numerus clausus – essa è aperta a compagini di B e C, le quali stocasticamente (e non solo, infra) hanno avuto, e hanno – nel lungo periodo – notevoli possibilità di affermazioni parziali o finali. La matematica – come insegnano, non gli onorati della Medaglia Fields o del Premio Abel, ma pallacanestro, pallavolo, baseball ed altri sport – non è un’opinione; e quindi si giustifica appieno la differenza di percentuale delle zebre nelle due competizioni nazionali.
La Coppa Italia e il suo peso internazionale
Fattore determinante ai fini dell’altissima collocazione tecnica della Coppa Italia è la forte propensione delle proprie squadre in àmbito internazionale.
Dalla creazione di Coppa dei Campioni (55-6) e Coppa delle Coppe (60-1) fino alla stagione che ha chiuso definitivamente il torneo per le coppe nazionali (98-9), i bilanci fra i Campioni d’Italia e le protagoniste di Coppa Italia è in perfetta parità. Sette vittorie dei Cd’I in Coppa Campioni2; sette vittorie dei club di CI nella Coppa Coppe3; e aggiungiamo che nella Coppa Coppe 60-1, la Fiorentina era ‘solamente’ finalista di Coppa Italia l’anno prima4. Da rilevare che nel 2003 il Milan prima ha vinto il titolo continentale (28 maggio) e tre giorni dopo la Coppa Italia (31 maggio); l’Inter fece l’inverso nel 2010: prima la Coppa Italia (5 maggio) e poi la Coppa dei Campioni (17 giorni dopo). Come vedete il quadro depone a favore della tanto bistrattata manifestazione nazionale.
Infine anche nella Supercoppa europea – che poneva di fronte i vincitori delle suddette manifestazioni5 – il bilancio è in parità. Tre trofei per i Campioni d’Italia6; tre per le vincitrici di Coppa Italia7. Un perfetto equilibrio di valori pratici ai fini dei risultati che la Figc mette(va) sul piatto della bilancia europea.
Non scordiamoci che nelle stagioni in cui l’Italia ha conseguito 0 (zero) successi in Coppa Campioni (69-70/83-4: ben cinque lustri!), le vincitrici di Coppa Italia hanno retto le sorti del nostro calcio con due affermazioni in Coppa Coppe8, allora considerata, anche ufficialmente, il secondo più importante trofeo dell’Uefa. Al contempo, fra Coppa Fiere e Coppa Uefa, vi fu un solo acuto9; per il resto 0 (zero) Coppe Intercontinentali e una Supercoppa europea10. Equazione 69-70/83-4: Coppa Italia = Coppa Campioni + Coppa Fiere/Uefa + Coppa Intercontinentale + Supercoppa europea. È sempre bene leggere i giornali.
Atalanta e Parma, sulle orme di Miranda, Bolívar e San Martín
Nelle guerre per l’indipendenza americolatina ai primi del sec. XIX, Simón Bolívar e José de San Martín, i due Libertador – illuminati dalla figura di Francisco de Miranda, el Precursor11 – certamente adottarono tattiche e strategie che Atalanta e Parma assimilarono a un dipresso.
L’équipe di Paolo Tabanelli, dopo aver conquistato la Coppa Italia piegando il Torino a San Siro per 3-1 (2 giugno 1963), s’iscrisse alla Coppa Coppe 63-4. Essa, condotta dal nuovo allenatore, Carlo Alberto Quario, ebbe la malasorte d’incontrare al primo turno lo Sporting Lisbona che, oltre a superare i neroazzurri nel rocambolesco spareggio di Barcellona (finito ai tempi supplementari), vinse anche la manifestazione. Trascorsero ventitré anni e l’Atalanta di Nedo Sonetti disputò le finali di Coppa Italia 86-7, soccombendo in due partite col Napoli (0-3 e 0-1). Già il traguardo era significativo, poiché per la prima volta veniva raggiunto da una società già retrocessa in B: prima era capitato unicamente alla retrocedenda Lazio (60-1)12.
Il contemporaneo titolo nazionale del Napoli, portò la compagine di Emiliano Mondonico a disputare la Coppa Coppe 87-8. Evento storico: esordio di una cadetta italiana nella corte dell’Uefa. L’Atalanta di Serie B raggiunse addirittura i quarti, prendendosi la soddisfazione di vendicarsi dello Sporting (2-0 e 1-1), venti volte campione del Portogallo. Cadde in semifinale ancora una volta contro il club che avrebbe vinto la coppa: gli ostici e tecnicamente squallidi belgi del KV Mechelen. Ma ciò che non fece Miranda, realizzarono Bolívar e San Martín.
Il Parma di Nevio Scala (allenatore sino al 1996), promosso soprendentemente in A al termine del campionato 89-90 (quarta classificata in B) fu accolto con scetticismo dalle solite cassandre che poi, a fine annata, dovevano rivedere i loro giudizi, in quanto i gialloblù dimostrarono “di possedere un buon organico e di saper praticare un gioco di pregevole fattura”13 (quinta a pari merito col Torino).
Esordio in Coppa Uefa 91-2: eliminata per la rete in trasferta dagli esperti bulgari del CSKA Sofia (0-0 e 1-1). Nella stessa stagione si aggiudicherà la Coppa Italia alle spese della Juventus (0-1 trasf e 2-0): non fu un fuoco di paglia. L’anno dopo vincerà pure la Coppa Coppe 92-3 (3-1 all’Antwerp in quel di Wembley), bissando con la vittoria in Supercoppa europea contro il Milan14 (0-1 e 2-0 trasf.).
Arriveranno altre due Coppe Italia (98-9: Parma-Fiorentina 1-1 2-2, all. Alberto Malesani; e 2001-02: Juventus-Parma 2-1 0-1, all. Pietro Carmignani), nonché affermazioni internazionali. Una finale persa in Coppa Coppe 93-415 (0-1 contro l’Arsenal a Copenaghen), la Coppa Uefa 94-5 contro la Juventus (1-0 e 1-1 a Milano16) e la Coppa Uefa 98-9 (3-0 all’Olympique Marsiglia a Mosca).
Attualmente il Parma con tre Coppe Italia si pone ai vertici delle società non campioni d’Italia: Atalanta (62-3), Vado (1922), Venezia (40-1) e Vicenza (96-7); vantando un numero di trofei maggiore delle scudettate Bologna (69-70 e 73-4) e Genoa (36-7).
Il Parma ha costruito la propria credibilità ed il rispetto nazionale ed estero di cui gode, lottando tenacemente anche sui prosceni della Coppa Italia… altro che poco sentita! A domani per la seconda parte.
Regolarità delle finaliste di Coppa Italia (1922/2012-13)
La colonna delle finaliste perdenti ha per somma 73, nonostante le edizioni siano 65, poiché nelle stagioni 67-8, 68-9, 69-70 e 71-2 la Coppa Italia è stata assegnata attraverso un gruppo finale a quattro.