Il ’68 visto dal basso
1967-1975: sono gli anni in cui tutti – partiti e sindacati, forze istituzionali e gruppi extraparlamentari – hanno cercato di ‘cavalcare la tigre’, cioè i movimenti sociali contestativi. Noi siamo andati a scovare questa ‘tigre’ per scoprire fino a che punto era addomesticabile o irriducibile, fino a che punto ha fatto paura e ha lasciato il segno. Dovendo scegliere un punto di vista ideale per capire il ‘68, abbiamo focalizzato l’attenzione sui movimenti sociali più che sui gruppi politici, sul vissuto delle lotte più che sulle posizioni ideologiche pur sapendo che spesso, a partire dal ‘70, sono stati i gruppi politici a ispirare i movimenti o le posizioni ideologiche a dettare gli obiettivi delle lotte. Ma è nei movimenti sociali contestativi, che troviamo gli indici del cambiamento, la fucina di sperimentazione di nuove idee e forme di comportamento antagoniste al sistema. Per rivisitare e rappresentare i movimenti, invece di affidarci a un criterio antologico o memorialistico o a una interpretazione storica generale, per la quale non abbiamo né gli strumenti né il distacco necessari, ci è parso urgente fornire una panoramica degli eventi più significativi, i dati e le date essenziali. La nostra presa di posizione sul ‘68 e dintorni è tutta nella successione dei fatti, evidenziandone alcuni invece di altri e ordinando nelle due parti: ‘68 Mondo e ‘68 Italia che hanno una struttura diversa”.
Già da questi iniziali tre paragrafi introduttivi di Giuseppe Gozzini (1936-2010) si comprende il perché l’uscita del suo Il ’68 visto dal basso. Esercizi di memoria. Sussidio didattico per chi non c’era per i tipi dell’Asterios di Trieste (novembre 2008), sia passata sotto silenzio da parte della stampa di destra-‘sinistra’. Solo Radio Popolare il 20 dicembre di quell’anno ne ha parlato. D’altronde, l’autore stesso ha impostato una vera e propria cronologia e, come sappiamo, agli intellettuali essa non piace e dà fastidio. Poiché una qualunque cronologia impedisce loro di psicoautoerotizzarsi su luoghi esistenti solo nelle proprie teste di letterati in vacanza… pagata da terzi.
Dal Sessantotto sono trascorsi quarantasei anni. Chiacchiere, sciocchezze, favole, panzane, interpretazioni solipsistiche (quando va bene) del personale vissuto ‘eroico’. Inutili discorsi a baita completamente slegati dai fatti veramente accaduti. Da destra l’infamante accusa al Sessantotto quale matrice del terrorismo dei successivi anni Settanta ed Ottanta. Da ‘sinistra’ l’ipocrita prospettiva di una futura società senza classi tutta rose e fiori, come se i rovesciamenti dei sistemi di produzione si possano verificare attraverso la caratterizzazione ormonale di studenti universitari abbienti, figli di padroni, professionisti e politici di apparato. Mi vengono in mente le parole di Benedetto Croce: “Io ammetto la gioventù come un fatto; il diritto dei giovani è nel mutarsi, nel cessare di essere giovani”. Ed infatti: cosa sono diventati quei giovani di ieri? Presentatori televisivi Rai, consulenti Mediaset, oppure ricchissimi avvocati, medici, notai, giornalisti, ecc., come giustamente ha affermato Francesco Cossiga.
Inoltre attualmente, fra un talk-show ed un confronto a parolacce, non è raro sentir dire che qualche intellettuale chiosatore nella predetta spazzatura abbia dichiarato di “aver fatto il Sessantotto” a dispetto dei suoi 45-55 anni. Forse o è senilità precoce, oppure l’ha scambiato per qualche raffinato ristorante consigliato dalla nota guida co-cromatica. Nulla di tutto questo! L’ha letto su qualche pieghevole in argomento, stampato probabilmente nel 1988 o ’98, e perciò ritiene il Sessantotto accaduto allora, quando era già ‘grande’ e c’era.
Il ’68 di Gozzini è un volume di quasi trecento pagine, che viene a colmare una gravissima lacuna, ossia l’informazione di base per le generazioni, ormai numerose, troppo giovani per aver partecipato o assistito a quegli eventi, su quanto accadde nella sfera dei movimenti del decennio che va da metà anni Sessanta a metà anni Settanta, e che siamo soliti riassumere nella data cruciale del 1968. Un manuale utilissimo che non dovrebbe latitare nelle biblioteche di Facoltà ed istituti universitari ed in tutte le scuole superiori.
Non manca certo sul Sessantotto la documentazione di prima mano su quegli anni, e in proposito sono disponibili anche analisi e studi successivi – però, appunto, solo pochissimi pregevoli. Ma per quanti allora ‘non c’erano’ non è facile farsene un’idea complessiva, a meno di non imbarcarsi in una ricerca complessa, giacché i testi disponibili riflettono la visione o le vicende dell’una o dell’altra componente politica del movimento.
Invece, come abbiamo letto sopra, Gozzini osserva nella sua introduzione, che qui si focalizza “l’attenzione sui movimenti sociali più che sui gruppi politici”. L’intento è “fornire una panoramica degli eventi più significativi, i dati e le date essenziali”. L’autore è particolarmente qualificato per questo compito, giacché già in quegli anni, oltre a partecipare di persona ai movimenti, lavorò a fornir loro uno strumento di documentazione: il periodico Collegamenti (fra le varie componenti del movimento complessivo in Italia, e fra gli italiani con i contestatori degli altri Paesi – specie degli Stati Uniti d’America).
Lo strumento di partenza è la cronologia, per gli anni 1967-1975. Infatti l’autore intende sia collegare il Sessantotto con i precedenti anni Sessanta (anche se nella documentazione non si spinge troppo indietro), sia distinguere il periodo in questione da quello successivo, che riassumiamo nella data del 1977.
Il volume consta di due parti: ’68 Mondo e a conclusione della sezione l’analisi della grande sinologa Edoarda Masi (1927-2011): La rivoluzione culturale e il ’69: L’assalto al cielo. In ’68 Mondo ci si limita agli eventi più rilevanti, specie per l’influenza sui movimenti in Italia.
La seconda parte è ’68 Italia, molto accurata e minuziosa. Quest’ultima si suddivide in quattordici capitoli. Basterebbe questa elencazione a indicare la vastità dell’ondata di rivolta e di richiesta di rinnovamento che percorse allora la nostra società e gran parte del mondo: dove la partecipazione diretta, il protagonismo dei soggetti sociali parve rovesciare le strutture consolidate del potere economico-militare, e politico, a cominciare da quelle partitiche.
Il potere e i padroni – scrive Gozzini – “hanno preso una grande paura”. Da cui gli sviluppi della strategia della tensione, che hanno caratterizzato i tardi anni Settanta e gli Ottanta, con la distruzione dei movimenti e delle grandi speranze di allora e il consolidamento di quella nomenklatura che le aveva cavalcate – nonostante le tracce indelebili nella trasformazione della società.
L’autore precisa che la sua cronologia è “di parte”, come lo è comunque qualsiasi ricostruzione storica – inclusa questa che si limita a registrare oggettivamente i fatti. È anche, afferma Gozzini, “incompleta”, nel senso che privilegia “i movimenti sociali e le loro lotte, escludendo (salvo rare eccezioni) le notizie riguardanti sia i gruppi della nuova sinistra che i partiti della sinistra storica. Un po’ per scelta (ritenendo più importante, ad esempio, l’occupazione di una cattedrale che non l’ennesima scissione ai vertici di un ‘groppuscolo’) e un po’ per una precisa finalità didattica, per mettere in evidenza – ad esempio – ciò che le fonti giornalistiche ufficiali hanno generalmente taciuto”.
La cronologia è accompagnata da schede, che “offrono una chiave di lettura dei fenomeni più microscopici per una più approfondita riflessione”.
Di alcune date viene esplicitamente sottolineata l’importanza. I diversi eventi sono collegati con rimandi (contraddistinti da freccette). Sottolineo questi aspetti perché testimoniano dello spirito di questo lavoro, del suo reale intento didattico – e ad un tempo, di mezzo quanto mai adeguato al soggetto di cui tratta, in cui lo spirito del Sessantotto è proprio la negazione delle derive ideologizzanti che l’hanno seguito, e che hanno ricondotto i gruppi nati nel corso dei movimenti nella sfera della vecchia politica partitica, e quindi ad un livello di degrado.
Segue l’analisi di Piergiorgio Bellocchio (Laboratori di cultura politica: I Quaderni Piacentini), e chiudono il volume due appendici (Perché il ’68 non è il ’77; Libri: Che cosa si leggeva).
Se quel fenomeno complesso che chiamiamo ‘il Sessantotto’ è di per sé concluso, si può dire che il suo più vero significato – riportato onestamente in luce da questo libro – corrisponde al risultato e alla conclusione del tanto vilipeso ventesimo secolo, alla sua sconfitta ma anche alla sua grandezza: aver portato le immense masse di popolo (e dei Popoli) a farsi soggetto in prima persona degli eventi storici e politici, sperimentando nella pratica del quotidiano quanto in precedenza era riserva della teoria e delle élite.
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