Ast Terni: una vertenza d’acciaio
Non era una festa nella gelida notte del 31 ottobre lungo la superstrada E45 e il raccordo Terni-Orte. In corteo circa 300 lavoratori: si trattava degli operai della Acciai Speciali Terni (Ast), di proprietà del gruppo tedesco ThyssenKrupp. In seguito alla notizia della cassa integrazione immediata per duecento dipendenti della Ilserv – azienda che ricopre indispensabili funzioni all’interno dello stabilimento ternano – una nuova azione di protesta ha tenuto col fiato sospeso la provincia umbra. Chilometri percorsi a piedi, nel buio della vigilia d’Ognissanti – perché oltre alle tensioni ed agli scontri con le forze dell’ordine (mercoledì 29) a Roma, nei pressi di piazza Indipendenza, a ferire gli operai sono le dure decisioni dell’amministratore delegato Ast, Lucia Morselli: niente stipendi finché si sciopera. In risposta, dai cancelli della fabbrica in viale Brin un corteo spontaneo, insieme al primo cittadino Leopoldo Di Girolamo e sindacalisti vari, ha gradualmente raggiunto il raccordo e bloccato la circolazione – a partire dalle ore 21 di ieri. La preoccupazione è palpabile: da tempo Terni è nell’occhio del ciclone per via della pesante vertenza legata al ridimensionamento – e ai tagli del personale – annunciato a metà luglio da ThyssenKrupp. In esubero 537 lavoratori su 2600 e l’annuncio della chiusura del secondo forno entro il 2015-16; erano i termini del piano aziendale che ha fatto scattare i licenziamenti.
Rimessa in discussione dalla Commissione antitrust europea la vendita dell’acciaieria ternana, nel 2012, al gruppo siderurgico finlandese Outokumpu – a causa di squilibri rispetto alla concorrenza nel mercato globale dell’acciaio inossidabile – la tedesca Tk ne è rientrata in possesso 22 mesi dopo, giungendo al drastico proposito di ridurre i costi di 100 milioni di euro annuali. È stato chiamato “piano di rilancio dell’azienda”. Come dire “diversamente assunto” per un cassaintegrato, versione politically correct.
Presidi permanenti allestiti da 10 giorni davanti al Comune, alla Prefettura ed agli accessi della fabbrica. Lo sciopero proseguirà – è stato annunciato ieri dai rappresentanti sindacali – probabilmente fino a giovedì prossimo. Nella notte più buia dell’anno, lo svincolo per la E45 è stato occupato per quasi tre ore.
Al destino dell’Ast, un secolo e trent’anni di storia, è legata l’intera economia della regione – centinaia le ditte dell’indotto, piccole e medie imprese di servizi – dato che il valore dell’acciaieria in Umbria è pari al 15% del Pil. Oltre al futuro della siderurgia italiana.
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Siderurgia italiana? Ma per favore, la siderurgia italiana è morta da almeno 20 anni, insieme alla chimica e a un sacco di altre cose. E sta morendo anche tutto il resto, per mantenere uno Stato in cui il parassitismo sta diventando l’unica attività.