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Brexit, il referendum aborrito dall’élite

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Gli europeisti l’hanno presa bene quanto un vampiro trafitto al cuore col paletto di frassino. La Brexit è stata una scossa sismica che ha travolto anche i seri e imperturbabili professionisti dei notiziari televisivi, da sempre contraddistinti dal più distaccato aplomb perfino nell’annunciare le peggiori sciagure, stragi e delitti dall’efferatezza disumana, catastrofi ambientali di portata gigantesca e tragiche sorti di vittime innocenti. Il 24 giugno, fin dalle prime luci dell’alba, con l’esito inatteso (poiché gli opinion poll avevano aggiudicato la vittoria al Remain col 52%) della consultazione referendaria britannica siamo stati sommersi da una serie di reazioni inconsulte e pochezze degne del più celebre arrampicatore sociale Georges Duroy, il “Bel Ami” di Guy de Maupassant. Un simile allarmismo non era stato diffuso nemmeno in occasione dei dodici trimestri consecutivi di recessione dell’economia italiana, accolta dai commentatori massmediatici con la passiva ineluttabilità che si riserva a un dovuto e inevitabile sacrificio. Hanno improvvisamente perso ogni parvenza di contegno i seguaci del dogma finanziario dettato dalla torre della Großmarkthalle di Francoforte sul Meno – moderna sede della Banca centrale europea – e dalla triplice, dispendiosa (ogni anno si sperperano fra i 156 e i 204 milioni di euro per la dispersione geografica) sede dell’europarlamento: Bruxelles, Strasburgo e Lussemburgo impongono il debito sovrano e il dogma dell’austerità ai popoli europei.

Era così “impensabile” – aggettivo ripetuto come un mantra dall’apparato pro-lobbisti, euroburocrati e tecnocrati – la scelta della Gran Bretagna? Fino al giorno prima del truculento assassinio della laburista Jo Cox, deceduta il 16 giugno scorso, i sondaggi davano la Brexit in vantaggio di sette punti. Forse non si riteneva possibile che, dopo essere stati strumentalmente accomunati – per l’intenzione di voto – all’omicida della deputata, gli stessi elettori avrebbero espresso un parere contrario all’organizzazione sovranazionale? “Basta con la dittatura di Bruxelles”, titolava il secondo quotidiano in lingua inglese più letto al mondo, The Sun, nelle ore che precedevano il gesto del folle criminale – un evento che, nonostante l’esultanza cinica delle borse che hanno registrato un’impennata positiva come non si vedeva da tempo (giudicando l’accaduto favorevole al Remain), evidentemente non ha influito sull’opinione pubblica al punto da capovolgere i dati dei sondaggi. Anche a Kirklees, distretto della leader del Sì, la maggioranza (54,7%) degli aventi diritto al voto ha scelto di lasciare l’Ue.

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L’ipotesi Brexit è inaccettabile per il capitalismo apolide e totalitario delle lobby finanziarie e dei cleptocrati. Risvegliandosi di colpo nella realtà in cui il popolo possiede ancora lo strumento del referendum, i più allergici alla democrazia diretta – obbligati a commentare il terremoto Brexit – sono stati colti da violenti e ripetuti attacchi di balbuzie nel pronunciare la parola “indipendenza” riferita al Regno Unito. Tra lacrime isteriche e facce funeree, un pensiero iniquo ha ottenebrato le loro menti: il popolo non dovrebbe votare su certe cose. Inaudito: accuse, insulti e intolleranza dei delusi pro-Remain hanno raggiunto livelli di panico totale.

Alain Elkann: “Hanno vinto i vecchi, i nostalgici i furibondi gli egoisti i razzisti gli hooligans e i populisti”.

Personaggi che si autodefinivano “di sinistra” ora mettono in discussione il suffragio universale, nonché la capacità di intendere e di volere degli elettori. Per i megafoni del capitalismo, gli inglesi “non hanno capito cosa sia l’Unione europea” e lo hanno cercato su Google. A quanto pare, secondo l’analisi di YouGov, soprattutto gli under 30 avrebbero voluto che il Paese restasse nell’Ue: perciò, l’elettorato sopra i cinquant’anni avrebbe dovuto essere escluso dalle urne? E chi è in ginocchio per la crisi? L’attacco a sirene spiegate è rivolto a minimizzare il valore e il responso del referendum, definito perfino “antidemocratico” dalla stampa europeista, additato come un “abuso di democrazia” dai senatori a vita Monti e Napolitano. Fa eco l’onorevole Alessia Mosca (Pd) che da Bruxelles ha esclamato – a caldo – ai microfoni di SkyTg24: “Questa consultazione popolare ha impedito la vera democrazia”. Quella imposta da Bruxelles?

Pseudo-democratici invocano l’Europa dei popoli, a condizione che i popoli obbediscano. I volti e le parole rancorose di coloro che non digeriscono l’opposizione popolare alle politiche economiche comunitarie martellano senza tregua lettori e ascoltatori con previsioni catastrofiche, paventando conflitti interni in caso di sfaldamento dell’Unione europea. Dimenticano o non considerano conflitti le manifestazioni di protesta anti-austerità che spaccano l’Europa attraversata dalla crisi, le rivolte contro i sacrifici chiamati riforme (liberalizzazioni, fisco, competitività, pubblica amministrazione, istruzione, mercato del lavoro e conti pubblici) recano con sé immagini di scontri e sofferenze, non sono certo pacifiche.

Nathania Zevi: “Si è creata un’assurda convinzione basata sul fatto che ciò che viene deciso a maggioranza sia democrazia”.

Se è assurda la convinzione che ciò che viene deciso a maggioranza non è democrazia, allora la democrazia cos’è? Vi siete chiesti come mai, a tormentone, venga sempre sventolata la bandiera della democrazia del periodo classico ateniese dalla fine del sec. VI al IV sec. a.C.? Logico: potevano proporre leggi e votare unicamente dai 30 ai 50mila cittadini su una popolazione di 250-300mila, ad esclusione di donne, schiavi – stabiliti dalla legge, ossia sovrastruttura delle classi al potere – e stranieri.

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Ovvio che in Gran Bretagna le cose siano andate male, in quanto pure le donne e gli schiavi hanno votato, e – naturalmente – si sono espressi contro padroni per giunta stranieri, ossia tedeschi e francesi. Ricordiamo che già nel 2005 gli stessi Popoli – o appunto schiavi, come direbbe qualcuno – di Francia e Olanda, attraverso referendum votarono contro la Costituzione europea, poi sostituita dal molto più comodo e asettico Trattato di Lisbona firmato dalla cerchia ristretta di capi di Stato e di governo il 13 dicembre 2007. In barba, appunto, alla democrazia.



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2 commenti su “Brexit, il referendum aborrito dall’élite

  1. Coloro che vogliono ripetere il referendum in Gran Bretagna – su la cui rieffettuazione ha firmato pure l’italiana Giovannona Coscialunga – mi ricordano spagnoli e brasiliani nel calcio. I primi famosi per buttarsi a terra per chiedere rigori e punizioni inesistenti oltre al lamentarsi dopo che compiono un fallo; i secondi, invece, propongono le ripetizioni dei tornei internazionali da loro non vinti: poiché siccome partono sempre favoriti – e non si sa perché!!! – il fatto che il campo dimostri la loro inettitudine è un’ingiustizia. Per cui per il prossimo mondiale 2018, dovrebbe stabilirsi ‘ex ante’ la finale Brasile contro il solo Cristiano Ronaldo, almeno quest’ultimo finalmente potrà dire di essere stato presente nella partita decisiva, come fa Messi da tempo, sia pure inutilmente.

  2. una risposta alla ‘signora’ melandri: “Essendo io vecchio, sono d’accordo di smettere di votare da domani se, contestualmente, verrò autorizzato a smettere di pagare le tasse per mantenere una congerie di pidocchi come voi”.
    della serie: “no taxation without representation” cfr . George Washington: (tanto dovevo alla sua ignoranza… o è solo malafede?)

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