Fantascienza Anni Settanta: le devastanti formiche di Saul Bass
Psichedelico lungometraggio – l’unico del geniale grafico e titolista statunitense Saul Bass (1920-1996) – che illustra l’ambiguo e deleterio rapporto dell’uomo tecnologico con le forze sconosciute della natura e del cosmo.
Un piccolo capolavoro della fantascienza datato anni ’70. In una desertica località dell’Arizona, Paradise City, lo scienziato Ernest Hobbs (Nigel Davenport) studia gli imprevedibili effetti di una rara congiunzione astrale. Qualcosa è rapidamente mutato nelle millenarie inclinazioni di una “piccola e insignificante” forma di vita: le formiche. Diverse colonie, abbandonato il tradizionale antagonismo, si organizzano per combattere all’unisono – guidate da un’intelligenza superiore – mantidi religiose, coleotteri, millepiedi e ragni, loro abituali predatori.
Allarmato dall’ipotesi di uno squilibrio biologico, il luminare predispone un “immediato attacco generale contro la minaccia” da egli individuata nell’esponenziale incremento della popolazione di formiche. Tanto basta a scatenare un conflitto che si amplificherà fino alle più estreme conseguenze, un drastico duello per la supremazia della specie – come se il Dottor Hobbs, paradigma di un approccio contrario alle intrinseche leggi dell’universo, non attendesse altro che un simile pretesto.
Fase IV: distruzione Terra (1974) – titolo originale: Phase IV – è una suggestiva pellicola eco-vengeance, ossia di quel particolare genere FS-orrorifico anni Settanta che tratta la tematica delle creature assassine, o comunque rese tali dall’uomo. Non aspettatevi di essere stupiti con effetti speciali tridimensionali (e kitsch), nonostante le micro-riprese documentaristiche di Ken Middleham siano, per l’epoca, un prodigio della tecnica. Se preferite esaltarvi con un banalissimo Armageddon da 140 milioni di dollari e annessi fuochi d’artificio, potete cambiare dvd.
Per un tiro mancino della sorte, la sola opera filmica di Bass – autore di sequenze introduttive acclamate come capolavori, tra cui il preludio a Psycho (1960); Anatomia di un omicidio e Intrigo internazionale (1959); La donna che visse due volte (1958) – è caduta nel dimenticatoio, bistrattata dal grande pubblico e, per giunta, sciupata da un pessimo titolo italiano, in grado di deturpare l’esito della sequenza narrativa. L’ignaro conterraneo, difatti, paradossalmente proverà un senso di vuoto e delusione indicibili nel momento in cui la preannunciata “distruzione della Terra” non avrà luogo. Perlomeno, non in questo film – vincitore nel 1975 del Festival del Cinema di Fantascienza di Trieste.
Alienanti e distoniche, le musiche di Brian Gascoigne e Desmond Briscoe introducono lo spettatore nel disciplinato mondo degli insetti territoriali eusociali che – al pari delle api – condividono col genere umano l’aggressività, nonché la capillare diffusione sulla superficie del pianeta.
L’azione di minaccia delle formiche si manifesta, spietata e inesorabile, nel contrattacco rivolto al laboratorio sperimentale installato nel mezzo del deserto, ove un tecnico informatico esperto in criptologia – James Lesko, interpretato da Michael Murphy – si affianca allo scienziato dirigente per indagare lo strano fenomeno. Nel tentativo di decodificare la nuova, evoluta forma di comunicazione delle minuscole creature, il matematico stabilirà un contatto con la loro mente collettiva:
“Non sono individui: sono singole cellule, piccole parti operanti del tutto. Pensa alla struttura sociale: una perfetta armonia, perfetto altruismo e autosacrificio, perfetta divisione del lavoro organizzato per mansioni preordinate. Pensa alla costruzione di strutture complesse e elaborate secondo progetti di cui non sanno niente e che eseguono perfettamente. Pensa alla loro abilità a evolversi e adattarsi in maniera così stupenda e così misteriosa. E tutto ciò è racchiuso in una semplice forma, indifesa individualmente ma possente nella massa”.
Inquietanti e pseudo-megalitiche costruzioni si stagliano nel deserto, a testimonianza di tale immenso potere.
Assieme a Lesko e Hobbs, una terza persona interagisce, suo malgrado, nella vicenda. È la giovane e radiosa Kendra – alias Lynne Frederick; quarta ed ultima moglie di Peter Sellers, deceduta all’età di 39 anni – che viene ospitata nell’installazione sperimentale in seguito alla tragica sorte della sua famiglia.
A tratti claustrofobico; fotografia molto artistica. Riprese ipnotiche e neorealiste elevano la suspense, ne dilatano la percezione per 123 minuti, fino a dissiparla nella più innata, profonda consapevolezza dell’essere vivente: adattarsi o morire.
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