Gabriela Castro: l’arte ottica attraverso le metamorfopsie
Vi avevamo già parlato di Juan Brufal ed ora vi presentiamo un’artista argentina che esegue delle creazioni grafiche sul tema degli effetti ottici. Quando le ho chiesto per la prima volta di cosa si trattasse, Gabriela Castro – classe 1969, si occupa di commercio estero e vive fra gli immensi panorami delle Ande, nella città di Mendoza – mi ha indicato “una rifrazione di immagini che diffondono la luce, in modo simile a un caleidoscopio”. Non si tratta propriamente di illusioni ottiche, caratteristica distintiva della Op art, eppure il senso della tridimensionalità e del movimento, oltre alla collocazione delle righe inserite nelle sue opere, in strutture spesso simili a griglie, può essere paragonabile alle espressioni appartenenti all’ampia corrente dell’arte cinetica. L’idea, emersa nel XX secolo, del moto dell’immagine che l’occhio umano traduce in percezione dinamica è collocata non più nello spazio unidimensionale del supporto piatto. Una tendenza artistica che, fin dagli Anni Sessanta, fiorì dall’Europa occidentale agli Stati Uniti, Oltrecortina e in America latina. Sollecitazioni percettive del nervo ottico inducono l’osservatore ad una interazione in prima persona con l’oggetto, suscitando delle reazioni con esiti spesso ipnotici: in particolar modo, nel caso di un’installazione di grandi dimensioni. Talvolta, suscitano reazioni perfino fisiche, come un vago senso di disorientamento.
Nelle realizzazioni di Gabriela, ci sono dei motivi specifici se la sua forma espressiva personale si rivolge proprio a tale aspetto delle possibilità percettive: ce ne parla lei stessa. “Non ho mai abbandonato lo studio dell’arte, continuando sempre a disegnare ed esaminare opere, finché a un certo punto ho sentito il bisogno pressante di mostrare quelle stesse immagini che erano state molto criticate. È stato quando le vide Ángel Muriel – insegnante, pittore e scultore spagnolo, ndA – e mi incoraggiò ad esporle. Mi disse: ‘Mostrale, non puoi lasciare che solo i tuoi occhi le vedano. Vada come vada, svelale’. Dal 2013, ho deciso di dedicarmi a tutto ciò che era rimasto in sospeso nella mia vita, inclusi la tecnica di vetrofusione, lo yoga, l’uso dei programmi di progettazione che mi erano indispensabili per poter applicare le mie idee di congiunzione fra tessere e linee disegnate”1.
Le tue creazioni in che modo si differenziano dalla Op art?
Sebbene siano ottiche dal momento che possiamo vederle come delle distorsioni, si discostano dalla Op art che conosco. Circa un anno fa, il mio occhio destro è stato colpito da una patologia della retina e per un’ora il mio mondo si è ridotto al livello di quasi totale oscurità. Recuperando la vista, ho iniziato a realizzare le opere che puoi vedere oggi e corrispondono al mio stato ed alle illusioni lineari… vedo linee rette come curve, così si generano fenomeni di contrasto con le figure successive, dando un effetto di tridimensionalità2.
Quali programmi o strumenti utilizzi per realizzarle?
È fondamentale il mio occhio affetto dalla maculopatia, perché mi permette di vedere il mondo sotto un altro aspetto; le immagini che catturo con la mia macchina fotografica, il lavoro con Corel Draw e in misura minore con Autocad3.
Mi farebbe piacere sapere se ti sei ispirata a qualche artista o stile in particolare: chi sono i tuoi preferiti? Qual è il ruolo della luce nel tuo percorso creativo?
La mia fonte d’ispirazione sono gli Impressionisti e mi piace La notte stellata di Van Gogh, perché esprime un movimento continuo… è favoloso, il perenne studio della luce. La luce è primordiale, l’essenza di ciò che faccio.
Mi piace sicuramente l’astrattismo, gli artisti Abdulio Bruno Giudici, Victor Vasarely, Edgardo Gottfried, Rogelio Polesello, Jesús Soto, Cruz Diez, James Turrell4.
Cosa vuoi comunicare attraverso le tue visioni caleidoscopiche?
L’imperfezione è bellezza, al di là della ragione5.
Qual è il significato del movimento che imprimi ai tuoi disegni e perché tenti di renderli tridimensionali?
In una prima fase il sentire è lineare come lo scorrere della vita, andando avanti le rette si trasformano in curve, immagini che naturalmente si sovrappongono creando una rifrazione tridimensionale. Non cerco di renderle tridimensionali, in realtà le vedo così6.
Cosa fai nel tempo libero?
Mi piace imparare, capire i processi logici della vita di cui a volte non abbiamo spiegazioni. Leggo, attualmente l’Ulisse di Joyce, così denso di dettagli che sembra la mente di una donna e mi porta a rileggere il Ritratto dell’artista da giovane, in cui mi rispecchio7.
Ti andrebbe di parlarmi un po’ delle tue speranze, sogni e prospettive future come artista?
Le mie speranze si stanno concretizzando attraverso la comunicazione con Marco Lauer, e ricordo le parole di Angel Muriel: “Mostrale”. Per realizzare i miei sogni, ciò che faccio quotidianamente ha a che fare con voi, il percorso iniziato con questo dialogo e quanto successivamente accadrà. Le prospettive si concentrano su una maggiore comprensione dei movimenti che si sviluppano nella rifrazione 3D, degli assi nella prospettiva e la possibilità di creare su dei supporti differenti… tessili, mi piacerebbe vedere una sfilata di abiti con i miei disegni8.
Qual è stata l’esperienza passata più significativa per la tua attuale scelta artistica?
È stata ed è tuttora l’assenza. Assenza di luce, il vuoto dell’anima. Fra le mie mani, i miei sogni. Nei sogni, l’anima. Il mio nuovo essere si è rivelato, nudo davanti ai vostri occhi9.